Patù:Liborio Romano
Gallipoli: Antonietta De Pace
Lecce: Giuseppe Libertini e Sigismondo Castromediano
Cavallino: Sigismondo Castromediano
Parabita: Rosario Parata detto lo Sturno
L'itinerario che interessa Lecce e il risorgimento è un percorso tematico dedicato ai luoghi e ai personaggi fautori dell'Unità d'Italia, ma si parlerà anche della storia risorgimentale in generale e del brigantaggio, del Regno delle due Sicile con i suoi primati e dei Borbone.
I personaggi di cui si parlerà a Lecce sono Giuseppe Liberini e Sigismondo Castromediano; l'itinerario avrà inizio da Porta Napoli e proseguirà fino alla chiesa di Sant'Irene passando da piazzetta Panzera; proseguirà verso piazzetta Castromediano e i giardini comunali attraversando il chiostro dei celestini e terminerà in piazza Libertini dopo aver attraversato la piazza d'armi del Castello.
All'itinerario si può collegare la visita guidata al Museo archeologico Sigismondo Castromediano; una interessante raccolta di reperti che racconta la storia del Salento fin dal paleolitico.
Giuseppe Libertini nasce a Lecce il 2 aprile 1823, seguace di Mazzini e della Giovane Italia, conobbe l'esilio prima a Corfù poi a Londra dove entrò in stretta collaborazione con Mazzini.
Dopo l'impresa dei Mille giunse a Napoli dove gli furono affidati alcuni incarichi di governo, nel 1861 fu eletto al Parlamento unitario, ma si dimesse nel 1866
Membro attivo della massoneria nel 1864 contribui alla sua diffusione in Terra d'Otranto.
Con il tempo cominciò a mettere da parte i progetti liberali e a partire dal 1868 Libertini e i suoi seguaci incontrarono la durissima opposizione del prefetto Antonio Winspeare, inviato in provincia proprio per abbattere la sua influenza e il suo potere. Agli inizi degli anni settanta Libertini aveva ormai perso gran parte del suo vigore politico e, con esso, anche le sue forze fisiche. Tanto che dopo la morte di Mazzini si chiuse in se stesso e ben presto morì.
Approfondimenti...
Sigismondo Castromediano nasce a Cavallino il 20 gennaio 1811, di lui si sa che fu un appassionato di archeologia tanto da fondare l'attuale Museo Provinciale a lui intitolato e un fervente patriota. Duca di Morciano e marchese di Cavallino, ben presto venne affascinato da idee liberali che lo portarono ad aderire alla Giovane Italia di Giuseppe Mazzini.
Nal 1848 fu accusato di cospirazione contro la monarchia borbonica per aver partecipato ad una sommossa a Lecce, fu catturato e condannato a trent'anni da scontare nelle galere di Procida, Montefusco, Montesarchio, Nisida e Ischia. (I luoghi della prigionia sono riportate nel basamento dove è posta la statua a lui dedicata a Lecce).
Nel 1859 Ferdinando II gli concesse l'esilio negli Stati Uniti d'America, ma Castromediano emigrò in Gran Bretagna e, pochi mesi dopo, si trasferì a Torino, dove divenne sostenitore dei Savoia
Nel 1861, dopo l'unità d'Italia, si candidò nel collegio di Campi Salentina e fu eletto alla Camera dei deputati avendo così accesso al primo Parlamento Italiano.
Terminata la legislatura, fece ritorno a Cavallino. Eletto consigliere provinciale, si occupò principalmente dell'arricchimento della Biblioteca provinciale e istituì il Museo archeologico intitolato al suo nome. Tra l sue opere ricordiamo Carceri e galere politiche - Memorie. Morì, il 26 agosto 1895.
A poca distanza da Lecce si trova il centro di Cavallino, una cittadina molto interessante dal punto di vista storico-culturale, da pochi anni, infatti, è fruibile uno degli insediamenti messapici più importanti del Salento, un area archeologica di oltre 60 ettari; i primi insediamenti risalgono all'età del bronzo (XVI – XV secolo a. C.). Cinta da mura ormai scomparse restano da vedere le antiche fondamenta di una grande città ormai scomparsa; oggi grazie ad alcune ricostruzioni a cura dell'università del Salento è possibile vedere la riproduzione a dimensione naturale di un'antica dimora e nel laboratorio didattico riproduzioni di di vasellame, tessuti e modi di vivere degli antichi abitanti del luogo.
A poca distanza il centro storico della città, con il suo palazzo ducale e la piazza su cui si affaccia la chiesa matrice.
Da vedere: il Museo diffuso con annesso il Laboratorio didattico, il palazzo ducale dei Castromediano, la chiesa matrice dedicata all'Assunta, il convento dei Domenicani con l'annessa chiesa intitolata a San Domenico di Guzman e a San Nicolò e il borgo antico.
Il Museo Catromediano a Lecce un'esposizione di interessanti reperti archeologici che raccontano la storia del Salento fin dalla preistoria, importante la collezione di reperti messapici e romani, interessante la pinacoteca che accoglie bozzetti del Coppola e tele risalenti per la maggior parte ad un periodo compreso dal 1400 al 1700.
Patù: è difficile datare le origini storiche di questo piccolo centro del Capo di Leuca, anche se, molti studiosi, le hanno legate alle sorti del piccolo centro messapico di Vereto, che sorgeva nelle vicinanze del paese e che fu distrutto dai saraceni. Sul luogo dove un tempo sorgeva Vereto, oggi esiste una piccola cappella dedicata alla Madonna.
Famoso è il monumento megalitico delle Centopietre. Ritenuto in passato di origine messapica, è stato accertato, recentemente, essere di origine medioevale e costruito con il materiale proveniente dalla vicina città di Vereto, distrutta dai saraceni.
Di fronte alle Centopietre è possibile visitare un altro bel monumento del Salento Bizantino: la Chiesa di San Giovanni Battista.
Di antica costruzione è anche la Chiesa Parrocchiale, eretta nel 1584 ma più volte sistemata nei secoli successivi; del suo complesso architettonico fa parte la Torre dell'orologio che, però, è stata costruita nel 1940.
Palazzo Romano antica residenza nobiliare e oggi sede del Museo Archeologico a lui dedicato.
Liborio Romano, nasce a Patù il 27 ottobre 1793 e muore a Patù il 17 luglio 1867 ora riposa nella cappella di famiglia di fronte al palazzo Romano
Figura controversa, fu fautore dell'Unità d'Italia. E' stato Ministro dell'Interno e Prefetto di Polizia il suo ruolo lo svolge a Napoli nel 1860 quando Garibaldi entra in città; suo il merito di aver evitato alla città di Napoli una guerra civile; la storia non ne parla e molti storici, col senno di poi, lo accusano di essere stato al servizio di due regimi, Borbone prima e Savoia poi, e di aver raggiunto accordi con la camorra per favorire l'ingresso di Garibaldi a Napoli.
Gallipoli: Per la sua storia, per i suoi monumenti e per il suo mare merita sicuramente una visita, che non può esaurirsi in una semplice giornata.
Adagiata in parte su di un'isoletta, che ne costituisce il nucleo più antico, ed in parte su una penisola, che si protende sullo Jonio, distendendosi lungo la strada che la collega ad Alezio, sino al porto, Gallipoli è un felice connubio di vecchio e nuovo, di tradizione e modernità, sintetizzato in quell'enorme, moderno palazzone di vetro che domina il porto ed il centro antico e che è diventato, negli ultimi decenni, il simbolo di questa splendida cittadina.
Nel periodo del Risogimento a Gallipoli ha i suoi protagonisti e tra queste figure spicca Antonietta de Pace fervida pariota che accolse Garibaldi a Napoli.
Antonietta De Pace fu una protagonista del risorgimento italiano. Seguace di Mazzini non si arrese mai di fronte alle avversità che il suo patriottismo gli portava.
La nostra protagonista nasce poprio a Gallipoli nel febbraio del 1818, ultima di quattro sorelle.
Il padre, don Gregorio, banchiere napoletano, muore in circostanze misteriose quando lei era ancora bambina; secondo le storie del tempo fu avvelenato dal segretario, bramoso di prenderne il posto. La madre per il grande dolore fu internata mentre le quattro figlie furono affidate al convento delle Clarisse di Gallipoli, la cui badessa era una parente.
Una delle sorelle di Antonietta sposò Epaminonda Valentino, patriota napoletano. Fu così che la giovane Antonietta De Pace entrò a far parte della "Giovine Italia" diventando un'abile collaboratrice del cognato tanto che durante la sua assenza, lo sostituiva nei suoi affari politici.
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Ricostruire le origini e le vicissitudini storiche di una città è spesso molto difficile; resta ancora incerta l'epoca della sua fondazione. Si sa di certo che la presenza umana nel territorio di Parabita risale all'era del paleolitico (60.000-15.000 a. C.).
Il suo antico nome era Bavota (o Babota o Bivota), ed era una città molto importante tanto che i Romani la inserirono nel percorso della via Traiano-Appia, che rappresentava la maggior arteria salentina di quel tempo.
La storia di Parabita proseguì come per tutte le altre città di Terra d'Otranto con il susseguirsi di popoli e feudatari. Fino ad arrivare al 1861.All'indomani dell'unità d'Italia cominciò, nel meridione, a propagarsi un malcontento generale; il benessere e la liberà tanto sognati e promessi non ci furono, al loro posto continue prevaricazione da parte del nuovo Stato e distruzioni perpetrate dal nuovo esercito a danno della povera gente.
I contadini viddero la propria terra, fino a poco tempo prima unica fonte di sostentamento, confiscata dalla nuova borghesia bramosa di potere e ricchezza.
La fame ben presto ebbe la meglio e i continui soprusi non migliorarono la situazione, cominciò cosi a svilupparsi il fenomeno del brigantaggio.
La storia descrive i briganti come dei ladri e degli assassini; nulla di più falso! I briganti erano solo persone stanche dei continui abusi da parte del nuovo governo, la povera gente chiedeva solo di essere trattata come persone e non come bestie da macello. Fu così che a Parabita comparve la figura di un brigante alla Robin Hood, un cavaliere, egli faceva parte dell'esercito borbonico e poco propenso fu alle nuove regole dettate dal governo sabaudo. Il suo nome era Rosario Parata, da ragazzo si arruolò nell'esercito borbonico, con l'arrivo dei piemontesi, dopo lo scioglimento dell'esercito, ritornò alla sua Parabità.
Il lavoro scarseggiava e le oppressioni della nuova borghesia locale, che aveva soppiantato la vecchia aristocrazia, erano evidenti. Rosario Parata si ribellò a questo stato di cose. Fu così che riunì alcuni suoi amici e cominciò la sua battaglia per la libertà con il nome di “Capitan Sturno”, lui era solito indossare la divisa borbonica e irrompeva nei vari paesi sventolando la bandiera borbonica gridando il nome di Francesco II. Con i suoi compagni metteva solo scompiglio, si faceva annunciare con uno squillo di tromba ma mai si macchiò di delitti.
Nel 1864 fu catturato e condannato al carcere, morì un anno dopo probabilmente avvelenato a soli 34 anni.